Ricognizione dell’opera del grafico-pittore Alfredo de Santis (1941-1998)

Rappresentante di spicco della scuola romana di grafica, Alfredo de Santis (1941-1998) ha definito un linguaggio grafico del tutto personale, caratterizzato da una continua commistione con il cinema, la pittura, il disegno, creando una grafica con forte valenza pittorica. Nonostante l’importanza del suo apporto, l’improvvisa e prematura scomparsa e la mancanza strutturale di attenzione alla storia della grafica, hanno contribuito a nascondere le tracce di una figura atipica, per la quale ricerca artistica e pratica comunicativa hanno costituito un unico indissolubile cammino. Secondo le sue stesse parole tutto ciò che realizzava apparteneva “a una matrice di idee, simboli, di emozioni, anche nel caso del lavoro strettamente professionale”.
La presenza di un ricco archivio privato, custodito a Roma presso l’abitazione dalla moglie Carla Conversi da sempre anche compagna di lavoro, oggi preziosa e imprescindibile testim one del suo lavoro, permette di restituire il giusto tributo a un grande interprete della comunicazione visiva del XX secolo. Oltre ai lavori su commissione, fino alla metà degli anni Ottanta parzialmente sintetizzati dallo stesso de Santis nella monografia Alfredo de Santis “Il Percorso di un Segno” (1986), attraverso l’archivio è possibile ricostruire il suo intero iter creativo-progettuale. Dei lavori realizzati sono infatti conservate buste con bozzetti e appunti, ma anche numerosi taccuini che mostrano il brainstorming di un designer che si affidava essenzialmente alla libertà espressiva del segno, capace nel tempo di codificare elementi ricorrenti – la ruota, l’albero, l’uomo, l’occhio, la mano, la penisola italiana – capaci di esprimere questioni mai superate – il razzismo, la mafia, l’ambiente … argomenti sui quali interveniva e che portava come argomento di discussione e progettuale nella didattica allo IED di Roma. Questa sua attenzione all’impatto sociale del lavoro creativo si ritrova anche in alcuni cicli pittorici che raccontano momenti cruciali della contemporaneità: come le serie pittoriche Segni sul muro, del 1990 in risposta alla caduta del muro di Berlino, Intervento chirurgico del 1991 per la guerra del Golfo, così come i progetti grafici sull’Europa dell’Est e su Sarajevo, condotti con Gianfranco Torri. Ogni taccuino di de Santis riporta una dissertazione grafica su questioni d’attualità, come lo studio dell’immagine per le elezioni politiche in Italia dell’aprile 1992 che ha dato poi avvio a un racconto lirico in bianco e nero sulla fine della Prima Repubblica (si veda immagini allegate).
Nato nell’agosto 1941, inizia a disegnare prestissimo grazie alla disponibilità di carta, anche in tempo di guerra, data dalla professione del padre, architetto dello Stato. Dopo gli studi all’Accademia d’Arte di Roma con Turcato, Consagra e Mafai, è fondamentale il soggiorno a Milano nello studio di Folco Lucarini dove viene in contatto con la fucina della grafica italiana, nella Milano capitale dell’editoria e dell’industria in espansione. Nel 1964 decide di rientrare a Roma e portare nell’humus prettamente artistico della Capitale le leggi e le esigenze di un nuovo linguaggio grafico. È la libreria Ferro di Cavallo di Roma (al pari della Milano Libri, a Milano) il ritrovo di giovani artisti e intellettuali che ancora prima della pittura condividevano il grande amore per il cinema, dal neorealismo con cui erano cresciuti al cinema di Antonioni.
Tra la fine degli anni sessanta e i primi settanta Alfredo de Santis realizza alcuni progetti editoriali per ragazzi: Alfazoo pubblicato nel 1968 dalla Emme edizioni di Rosellina Archinto, e libri-gioco per Bompiani (Io gioco tu giochi noi giochiamo e Basta un foglio di carta, 1971-72).
Dal 1971 sono sue numerose sigle grafiche per i cicli cinematografici della RAI: Cinema anni 60, La Commedia all’Italiana, Teleconfronto (1983-86), Le Giornate del Cinema Muto. Del resto l’ampia cultura cinematografica e la propensione per l’immagine in movimento determinano la cifra del suo linguaggio grafico. Nell’82 disegna l’immagine identificativa del festival “Le giornate del cinema muto” di Pordenone e dell’85 è l’immagine di un progetto di ricerca sulla commedia all’italiana, così come il logo e molti poster per il Teatro povero di Monticchiello.
Il cinema è di certo la principale musa di de Santis padre di un’immagine grafica in movimento così come di un metodo progettuale che si sviluppa in una serrata sequenza d’immagini (come frame di un film) dove l’intuizione creativa trova il suo svolgimento fino all’immagine definitiva, aspetto tra l’altro approfondito nel suo libro Storyboard. Grafica d’animazione. Segni, sequenze, storie (La Nuova Italia Scientifica, 1989), pensato tra l’altro come base didattica ai suoi corsi allo IED di Roma.
L’altro aspetto essenziale della sua grafica è la definizione della comunicazione visiva di giornali e della propaganda del PCI dal 1973 al ’77. Nel 1979 ridisegna il quotidiano genovese “Il Lavoro”, nell’84 una campagna abbonamenti per “La Repubblica” e dall’85 le illustrazioni “il Manifesto” e il redesign di “Rinascita”. Oltre al contributo alla politica, il suo lavoro grafico è stato impiegato nella definizione dell’immagine coordinata in ambito sportivo – per il campionato mondiale femminile di sci a Piancavallo nel 1986 e per gli Europei di basket a Roma nel 1991 – e aziendale, per esempio per la Valcucine di Gabriele Centazzo.
Un percorso professionale e creativo tutto da ricostruire, anche in base alla letteratura critica e alla pubblicazione dei suoi lavori sulle principali riviste di grafica, italiane e internazionali: “Novum”, “Art Directors Club Milano”, “Idea” (Giappone), “Graphicus”, “Modern Publicity”, “Visual Design”, “Pubblicità in Italia”, “Graphis”, “Linea Grafica”, “Italian Illustrators”, “Ottagono”, “Domus”, “Japan Pubblications Trading Co”.