Opere2021-08-05T14:46:38+00:00

ALFAZOO
Copertina del libro
Emme Edizioni, Milano 1968

Interventi sul carattere
Due lettere dell’Alfabeto

IL TAPPETO VOLANTE
Pittore fustella – Pittore con tappeto,
Pittore a matita – Foto ritratto, 1972

Copertina ENAPI, 1971

Copertina GRAPHICUS, 1974

ARFLEX ROMA
Manifesti per la mostra
Grafica e Serigrafia, 1971

PSIUP
Manifesti, 1972

L’OCCHIO AMERICANO
Copertina e Disegni
per una cartella di Litografie,
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

Litografie
New York, 1974

LA POLTRONA DI MARY
Litografia a due colori
Cartella Serigrafica,
Stampa Fraire, Roma 1974

RITRATTO DI MARY
Disegno e collage, New York, 1977
Pennarelli su carta, New York, 1974

LA POLTRONA DI MARY
Copertina e progetto del libro
Roma, 1977

MANIFESTI
Tudor, 1972

MANIFESTI
Partito Comunista Italiano
Roma, 1972 – 1973

Roma, 1975 – 1976

Roma, 1975 – 1976

DUMOCKS
Marchio e Manifesto per uno studio di
registrazione musicale
Roma 1976

L’OCCHIO TERRENO
Intervento al Parco Centrale
di Via Sabotino a Roma
Estate Romana 1979

SIGLE TELEVISIVE
Alfred Hitchcock, 1978
Sigla di testa e appunti
dello story-board

Luis Bunuel, 1980
Ripresa video

Elia Kazan, 1981
Appunti dello story-board
e Ripresa video

Richard Brooks, 1982
Foto del regista e
Ripresa video

LA SILHOUETTE
Immagine grafica della rassegna
“Le Giornate del Cinema Muto”
Pordenone, 1982

Manifesto

LO SCI ROSA
Immagine Grafica della gara
di discesa e slalom femminile
di Coppa del Mondo.
Piancavallo, Friuli V.G. 1980-1986
Manifesti 1980

Manifesto, 1982

Manifesto, 1983

Manifesto, 1983

Manifesto, 1984

Manifesto, 1985

GRAFICA E PITTURA
Il Percorso di un Segno
Vianello Libri Ponzano – Treviso 1986

IL PUNTO LUMINOSO
Teleconfronto
Mostra Internazionale
del Telefilm 1983-1986
Manifesto 1984

Marchio e story-board per la sigla
di testa di Teleconfronto

Disegni per la copertina del libro
“R.W. Fassbinder TV”
Editori del Grifo – Montepulciano

Ritratto, prova a colori
Ritratto e Lettering
Uomo con fionda, disegno a china

SEGNI MANIFESTI
Illustrazioni periodiche
per il quotidiano “il Manifesto” 1985

Disegni inchiostro di china

Disegni inchiostro di china

CIACK
La Commedia all’italiana
un progetto di ricerca, Roma 1985
Manifesto e simbolo

TEATRO POVERO DI MONTICCHIELLO
Logo – Emblema – Carattere

Manifesti 1987 – 1989

Manifesti 1990 – 1993

Manifesti 1996 – 1997

I GIORNI DELLA FIONDA
Calendario 1986

MISTO CON PANNA
Calendario 1988 – copertina

MANUALI CREATIVI
Quattro modi di fare Grafica
Catalogo mostra, 1989
A.A.M. Architettura Arte Moderna Roma

STORYBOARD
Grafica d’animazione:
segni, sequenze, storie.

STORYBOARD
Il Portatore D’occhi
Aiap Lazio, 1989

Sigla per un ciclo di incontri sulla grafica
e la comunicazione visiva.
Aiap Lazio, 1989

RINASCITA
Copertina
Nuovo progetto grafico, 1986
Incisione per la copertina “Chernobyl”
Promozione per un volume omaggio

LETTERA GRAFICA INTERNAZIONALE
Quaderno di Fare Grafica, 1993
Istituto Europeo di Design di Roma
Manifesto Sarajevo

ROMA TRE
Marchio dell’Università degli Studi Roma Tre,1992
Foto della Piramide Cestia

Manifesto e pieghevole
Facoltà di Lettere e Filosofia, 1995

Manifesto- Seminari Internazionali
Pieghevole- Informazioni su Roma Tre

IL TAPPETO PARLANTE
Catalogo e Depliant, 1994

VALCUCINE
Stampati per
la Valcucine di Pordenone
Cataloghi
Annunci

LE CASE DEI SEGNI

Tutto accade in quel momento in cui il pennello imbevuto d’inchiostro, si avvicina alla grana della carta e di colpo vi deposita il segno. I gesti sono rapidi, le figure comunicano tra loro attraverso piccoli tratti appena accennati, lasciati da un ciuffo del pennello. A volte provo a tracciare segni senza volontà di raffigurare, e sul rettangolo bianco appare la scena da interpretare. Di solito in questi disegni scopro piccoli segni che in seguito rifarò più grandi. Immagino nella stanza del mio studio a Roma, una telecamera piazzata sul soffitto a riprendere in pianta i miei spostamenti, dal tavolo dei servizi, a quello dei gesti, alle soste a volte molto lunghe, tra una pennellata e l’altra.

All’inchiostro che da lucido diventa opaco, ai segni che lentamente si presentano. Il tavolo dei gesti è ricoperto di segni, che il più delle volte sono atterrati fuori dal rettangolo bianco, è come se avessi un infinito mondo a mia disposizione, essi si presentano ogni volta che mi accingo a dipingere, come possibili modelli. Ma il gesto è sempre diverso, e di colpo la figura, il paesaggio, la casa, si fermano sulla grana della carta, come un grumo di colore lanciato da una fionda. Le distanze tra un gesto e l’altro si modificano a secondo dei segni che appaiono, a volte è il pennello e che il gesto che rifiutano il prolungarsi dell’esercizio. Alla fine la contemplazione ricostruisce il percorso del racconto figurato. Mescolare i tipi di carta, è come presentare persone diverse tra loro, il pennello agisce sempre uguale, ma è la carta a reagire in maniera diversa, e quindi quello che di colpo succede su di un tipo di carta, su di un altro si fa più lento, ha bisogno di più gesti, più inchiostro e durante la contemplazione si rivelano tracce dei modi diversi di assorbimento della carta.

Sul tavolo dei gesti oltre all’inchiostro, sostano gli acrilici, l’olio, l’ecoline, le tempere, gli smalti, come attori assistono alle prove dei loro compagni, attenti alle cadute, all’improvviso bisogno di un gesto-cielo/terra, intervenendo e mescolandosi a volte in maniera miracolosa.

Poggiate alla parete come vecchie scenografie, ci sono le tele i cartoni, piccoli formati 25×30/30×40 che convivono prospetticamente con il resto degli oggetti. Il tavolo dei gesti ha una parte centrale adebita al lavoro, a destra e sinistra oltre ai materiali ci sono le pile di fogli di carta: sono le case dei segni, ogni piano una storia. Al mio tavolo dei gesti mi ci accosto in piedi, e in piedi inizio il mio esercizio gestuale. Veder nascere dell’alto dell’occhio quello che un attimo prima è atteso, e quello che può diventare inatteso, di troppo. Tutto questo riesco a controllarlo con il corpo, devo essere in piedi e sentire la mano leggera pronta a segnare, a condurre il pennello secondo ritmi sempre più diversi. Quasi sempre è una figura che stabilisco con il rettangolo bianco la sua posizione, il resto ruoterà intorno ad essa. Così per settimane deposito disegni su disegni godendomi, mentre la pila si allunga, il futuro momento di contemplazione.

ALFAZOO LIBRO PER L’INFANZIA

Alfazoo Emme Edizioni,
Milano 1967

Sfogliando il piccolo menabò 21x 21, sul treno Roma-Milano. Avevo tutta la notte per ripercorrere la storia di Alfazoo, un libro per bambini che avrei proposto a Rosellina Archinto della Emme Edizioni di Milano. Il titolo Alfazoo prometteva (anticipava) un alfabeto dove le lettere, pur mantenendo una loro leggibilità, venivano assumendo, con l’aggiunta di un tondo-occhio o di una bocca spalancata, l’aspetto di un bestiario. Il libro fu stampato, ogni lettera una pagina, a un solo colore: il nero

IL TAPPETO VOLANTE DI SOVANA

1970 – 1974
taccuini di viaggi

Iniziai a disegnare il tappeto volante, dopo una serie di disegni su Sovana, dal titolo “piccoli frammenti di antiche civiltà”. Sovana era una delle tappe obbligate, durante le escursioni in Maremma sul Guzzi Galletto 150.
Sovana mi ispirava grandi contenitori, dei parallelepipedi infissi sul terreno con il vertice rivolto verso l’alto, all’interno, ora allineati ora in ordine sparso, segni, punti, lunghe strisce, piegate su se stesse, ora in un verso ora nell’altro, in una ascesa continua. Le lunghe strisce cominciarono a prevalere su tutto il resto, fino a sbucare dal terreno e allungarsi da sole verso l’orizzonte: il tappeto volante. Da una foto del pittore Aldo Carpi mentre seduto dipinge su cavalletto, ricavai una silhouette e una fustella per poter ritagliare la figura su qualsiasi supporto di carta.
In seguito aggiunsi il tappeto volante che, si allungava verso l’orizzonte. Feci disegni, progetti per decorazioni, copertine, tutte con lo stesso elemento, il tappeto volante. Lo usai anche per decorare un servizio di piatti, usando due colori , il nero e il giallo. In un viaggio a New York, progettai una facciata cieca con il tappeto volante, che dalla base dell’edificio decorava l’intera facciata (anche la committenza in questo caso era del tutto immaginaria).

LA POLTRONA DI MARY

New York, Maggio1974
Roma, 1984

Il cuscino era un regalo per Angelica Saleh, io e Carla eravamo ospiti nella sua casa di New York.
Rientrando a casa posai il cuscino nel vano della poltrona color salmone che stava nel soggiorno appena si entrava, sulla sinistra. Erano diversi giorni che disegnavo finestre, angoli della casa, oggetti, Joe (il marito di Angelica).
Avevo riempito un album a spirale con parecchi disegni, erano tutti in sequenza pagina dopo pagina, lavoravo con pochi mezzi. Quel giorno non sapevo di aver dato origine con il disegno della poltrona di Mary a una serie molto lunga di ritratti, e particolari, che si sarebbero svolti negli anni.

Roma, Giugno 1974 Giorgio Fraire mi stampò il primo manifesto della poltrona di Mary.
Non avevo nessun intento, volevo a tutti i costi riprodurre il disegno originale: tolsi dall’interno del cuscino i segni colorati e stampai un 70×100 a due colori. Iniziò così la più bella avventura che mi sia mai capitata.
Convinsi Fraire a stampare una cartella serigrafica di 4 pezzi della poltrona. Su ogni pezzo, stampati sopra la poltrona come dei riflessi i disegni della casa di Joe e Angelica Saleh.

Talamone – Grosseto, Agosto 1974. A Talamone per circa un mese lavorai a ridisegnare la poltrona, feci grandi disegni su carta da pacchi, usando lo smalto nero e giallo. Cercavo di usare sempre tecniche diverse, mischiavo di proposito gessi con smalti nei lavori grandi, o matita e pennarello sui blocchi. Conoscevo gli effetti della poltrona sui vari tipi di supporti, addirittura anticipavo le sue preferenze, amava essere circondata da un fondo di smalto a mani corpose.
Lavorando sul medesimo disegno per mesi, mi accorsi della rapidità che avevo acquisito nel disegnare i dettagli a memoria.
Fu questa rapidità a farmi notare un particolare sul quale poi avrei impostato la serie dei cuscini.
Ritagliai su cartone la sagoma del cuscino perchè questo mi permetteva una più veloce esecuzione su tutti i supporti possibili. Le tele sul cuscino, o cuscino su poltrona, le realizzai in grossa parte a olio. Tracciato il vano della poltrona e collocavo il cuscino tramite la sagoma o ridisegnandolo a memoria.
Cominciai con una serie di omaggi, a Morandi (presi un articolo di Roberto Tassi su “Repubblica” sull’opera di Morandi e lo incollai su di una tela centrando con il cuscino la foto del quadro), a Rotella, a Fautrier e infine il cuscino di Tex Willer.
Marcello Gianvenuti, un fotografo mio amico, realizzò una serie di impronte fotografiche su tela della poltrona, una delle quali è stata poi dipinta da Mario Schifano.

New York, Maggio 1977.
Durante il secondo soggiorno a casa dei Saleh ripassai in sequenza rapida tutti gli oggetti disegnati tre anni prima, ridisegnai la poltrona da altri punti di vista; ma i nuovi ritratti eseguiti in quel periodo, “Ritratto di donna con cuscino” (disegno eseguito su di in piccolo blocco a pennarello e carta di rivista strappata, a simboleggiare una pennellata gialla), è l’unica immagine di Mary; un viso di donna con il cuscino al posto della bocca. Ho sempre pensato di utilizzare questo ritratto come manifesto della mostra (La poltrona di Mary 1974/1984).

Sabaudia, Agosto 1977.
Arrivai a Sabaudia con molte tele, e numerosi tubetti di colore acrilico.
Lavorai su tutta una serie di cuscini paesaggio: inserivo all’interno del cuscino (molte volte isolato al centro del foglio di carta, che poi andavo ad incollare sulla tela) vedute del Circeo o paesaggi ripresi da vari punti di vista e ricomposti, riprendendo l’oleandro che spuntava dalla finestra della camera da letto, sullo sfondo il Circeo con tante piccole abitazioni rosa alla base. Quelle costruzioni le avevo già inserite in altri cuscini. Quindi, con un lavoro di frammenti di paesaggio completai quella che oggi chiamo la serie del Circeo.

Il cuscino di ceramica, Rifa 1978. Dopo le sagome, decisi di realizzare un cuscino modello. Lo volevo di una misura media, avevo bisogno di comporlo con altri oggetti, tavolozze, cornici, vasi, per realizzare una serie di nature morte con cuscino (titoli che avrei usato in seguito, quasi per tutti i desegni che ho realizzato).
Portai il modello in gesso, al mio amico ceramista Matteo Rispoli, a Molina, un centro a pochi passi da Vietri sul mare.
Dal forno di Matteo uscì un cuscino di ceramica, con le pieghe appena accennate, in quattro pezzi ben modellati, e una discreta stabilità che mi permetteva di poggiarlo accanto ad altri oggetti.
Gli accostamenti più frequenti furono cuscino con tavolozza.
Feci diversi disegni, acquarelli, sul tema natura morta con cuscino, accostai al cuscino tutta una serie di oggetti diversi tra loro, a volte con un’unica colorazione. Alla fine decisi di fare un’ultima composizione: “cuscino con tavolozza” con tanto di vetro e cornice.

Tele e disegni, 1983
Catalogare, numerare, ricordare i pezzi, scartare, è un bel fare, ma ecco affacciarsi l’idea di chiudere la storia con “Le poltrone od olio”. Grandi distese di prati con torri-poltrone o ruderi-poltrone o poltrone-totem, o poltrone-scale per immaginarie vedette alla ricerca di paesaggi. E infine il suicidio della poltrona: una tela 30×40 raffigurante una poltrona che salta nel vuoto da un fantastico ultimo piano.

IL RITRATTO DEL SUONO

Dumocks – Simbolo per uno studio di registrazione musicale, Roma 1976.
L’immagine di un cantante chino sul microfono. Onde sonore, scomposte e registrate.

HITCHCOCK, BUNUEL KAZAN, BROOKS CIASCUNO IN 60 SECONDI

Sigle televisive su progetti foto-grafici 1978 -1983
“60 secondi da animare in video, la sigla anticipa il ciclo, ogni ciclo, un personaggio, cominciamo da Hitchcock.
Pietro Pintus curatore del ciclo raccoglie il materiale fotografico, foto di scena, azioni, ritratti, una serie di immagini fotografiche in bianco e nero. Il titolo del ciclo “Il mattino del mago” mi suggerisce la foto da scegliere; è un ritratto di Hitchcock con bombetta, partendo dall’alto verso il basso a scoprire la bombetta come un sole al mattino, e giù a seguire tutte le cavità e i contorni del viso di Hitchcock. Scendendo sulla sinistra e risalendo sulla destra una lettura di un grande ritratto in bianco e nero.

I veleni e i sorrisi di don Luìs, è il titolo del ciclo su Bunuel. I titoli dei film, mi suggeriscono l’idea delle immagini, ogni scena un film, una grande planimetria di personaggi, di simboli, come l’occhio, dal film “Le Chien Andalous”, è proprio l’occhio che inizia la panoramica sul cinema di Bunuel.

Kazan il grande, il Kazan in bianco nero, ovvero il bianco nero di Kazan, e su fondo nero appare la scritta in movimento kazan il grande, il carattere della scritta è il Koloss. Una foto di scena con Kazan protagonista è l’unica immagine della sigla. Con i colori accentuo lo sdoppiamento della foto.

Una foto di scena dal film “Stringi e denti e vai” ritrae Richard Brooks che indica un punto, da un lato della foto, semitagliato appare James Cobum. Il titolo del ciclo “In cerca di Mr. Brooks” diventa la didascalia della foto di Brooks. Isolo dal fondo della foto Brooks, e il suo gesto diventa il progetto foto-gafico dell’intera sigla”.

LA SILHOUETTE

Immagine grafica per la rassegna
“Le giornate del cinema muto”,
Pordenone 1982
Devo realizzare per “Cinemazero” di Pordenone una soluzione grafica che sia valida di anno in anno, ad ogni presentazione di autori diversi, ai quali sono dedicate le Giornate.
La soluzione viene proprio da una immagine cinematografica: sfoglio il libro di Robert Benayoun “Lo sguardo di Buster Keaton” e mi imbatto nell’immagine di Donald O’Connor (sì, proprio lui quello di “Singing in the Rain”) sdraiato su un fianco.
E’ un’immagine del the Buster Keaton Story da lui interpretato. E’ la soluzione: le scarpe rivolte all’in sù di Donald divengono il sostegno della scritta con il nome dell’autore proposto dalle Giornate.
Estrapolo dal libro di Benayoun la silhouette di Donald con l’aiuto dell’obiettivo della reprocamera. Dal positivo al negativo: ora ho tutta la superfice del corpo in bianco, pronta a ricevere immagini varie, via via suggerite dalla programmazione di “Cinemazero” il forte senso cinematografico della silhouette Keatoniana ne ha permesso l’uso continuo per tutta la programmazione, anche per situazioni distanti e difformi come il ciclo su Thomas Ince.

LO SCI ROSA

Immagine grafica della gare di discesa a slalom femminile di
Coppa del mondo Piancavallo, Friuli V.G. 1980 – 1986
“Sei anni di immagini della coppa del mondo di discesa e slalom femminile.
Giancarlo Predieri, organizzatore della coppa, mi commissiona l’immagine grafica.
E così inizia il mio viaggio nel mondo della grafica sportiva. Durante i giorni della coppa, dai cappelli alle borse ai manifesti, tutto si allinea, si compone, si verifica sul bianco della neve.
Gli sponsors delimitano gli spazi con i loro teli colorati, c’è una incredibile varietà di segni e di colori, in un continuo confronto reciproco”.

IL PUNTO LUMINOSO

Teleconfronto internazionale del telefilm.
Immagini Grafiche 1983 – 1986.

“Teleconfronto: la T e la C sono le due lettere che mi attraggono. Nella prima formulazione la T divide subito le due C: due emisferi che si confrontano. In realtà tutto nasce da un punto luminoso che via via s’ingrandisce con progressione cinematografica fino a divenire piccolo globo e dividersi in due semicerchi concentrici: appare allora la T.
Questa progressione diviene poi la sigla di apertura di tutti i telefilm presentati alla rassegna.
Gli schizzi dello story-board si trasformano nel manifesto programma. Le immagini del simbolo da video si fissano in manifesti e locandine. Il simbolo è presente ovunque in dimensioni diverse: per la segnaletica stradale vengono usati dei teli stampati in serigrafia con impresso il simbolo e montati su telai in ferro. Visti da lontano hanno l’aspetto di grandi ritratti. E proprio il ritratto a dare l’idea della scomposizione: sposto gli elementi tra loro riaffidando un nuovo significato alla simbolica T. L’architettura che ospita la mostra, cerchi e semicerchi sono le idee, le storie, le immagini, i paesi, il mondo. I cerchi si moltiplicano, si prestano a tagli, si posano su disegni a matita, infine si moltiplicano collocandosi dentro caselle, alloggi e linee di orizzonte. Infine il giallo e il blu colorano un paesaggio dove i cerchi ed i semicerchi si poseranno”. Oggi (1986) sono tornato al ritratto, dove il simbolo del teleconfronto sta al posto dello sguardo.

SEGNI MANIFESTI

Illustrazioni periodiche per il quotidiano “Il Manifesto”
Bologna, febbraio1985

“Sono l’unico cliente dell’antica coloreria di Piazza Galvani: fuori c’è la neve abbacinante ed alta, diciamo un metro. Chiedo una bottiglia da un quarto di nero Pelikan.
Uscendo dalla coloreria potevo iniziare un tipo di discorso-esercizio gestuale che la neve mi suggeriva con urgenza e che ora mi prefiggevo. Forse un recupero del bianco e nero cinematografico che ora vediamo solo nei vecchi film di cineteca o proposti dal video recuperante.
Inchiostro di china e pennello; e carta, tanta di tanti tipi; la mano si distende, è sempre una figura umana che corre su orizzonti, o porta, solleva particolari di orizzonti, a volte tanto estesi da contenere, paesaggi, case, alberi. Il gesto si distende sempre di più (una volta stabilito il portatore), a vantaggio dei segni di contorno sempre più autonomi. I gesti di tanti e casuali, da aspettare il loro determinarsi per continuare la storia.
Cerco un supporto dove verificare i gesti, capire quanto possono convivere con testi, titoli, forse un giornale, vista anche la rapidità dell’esecuzione. Un giornale che ha un progetto grafico disposto ad alloggiare segni di tutti i tipi. La scelta cade su “Il Manifesto”. Prendo l’appuntamento con Pasquale Giuffrè, l’impaginatore; gli mostro una serie di segni, offrendogli la mia collaborazione. Da allora, alloggiati tra i testi, i gesti, appaiono saltuariamente sulle pagine del quotidiano.

CIACK

La Commedia all’italiana un progetto di ricerca.
Immagine grafica, Roma 1985

“Per la Federazione Italiana Circoli del cinema, devo progettare l’immagine grafica della “Commedia all’Italiana” un panorama di film, da “Vivere in pace” (1946) di Luigi Zampa, a “Un borghese piccolo piccolo” (1977) di Mauro Monicelli:
30 anni di cinema. L’iniziativa comprende incontri, rassegne, tavole rotonde, convegni, tentando una rilettura (prima sistemazione) dei film e dei filoni che via via sono andati definendosi nell’ambito di questo genere. Inizio a disegnare una silhouette dell’Italia al centro di una striscia (pellicola) freccia, poi, disegno fotogrammi, fabbriche, cineprese, uomini che agitano lunghe strisce di pellicola.
Ho a disposizione vari segni, scelgo l’uomo e la cinepresa, l’uomo e l’Italia, e il fotogramma ben teso tra i due pali.
Questi sono gli elementi dell’immagine grafica, scelgo come carattere il Glaser-stencil, e come se fossero dei titoli che scorrono dall’alto verso il basso, monto l’immagine de “La commedia all’Italiana un progetto di ricerca”.

LA MATERIA DEL PITTORE

Oli su tela 1980-1984

“Una linea orizzontale o più linee, viste dal treno, in macchina, in vespa, dalle finestre, dalle palpebre socchiuse.
Alla ricerca di elementi verticali che poggiano o affondano sull’orizzonte.
Gli alberi, con molta fortuna un pezzo di tetto.
Ai piedi di un albero una tavolozza, ha l’aspetto di un macigno, forse la testimonianza della sosta di un antico pittore.

Spazi con erbe di diverso colore, prati da lavoro cosparsi degli oggetti della pittura. Pause di lavoro di gruppi di pittori. Più lontano, una poltrona con albero.
Dentro l’albergo, poltrona con finestra e tramonto. Le tele si sollevano, affondano sul terreno, ogni pittore si sceglie il modello, i paesaggi si popolano di figure, gli oggetti sparsi sui prati vengono raccolti, i pennelli si gonfiano di pasta colorata, i paesaggi si moltiplicano, ogni gesto un segno, lo spettacolo è entusiasmante.

Gli accampamenti dei pittori si trovano di solito situati su piccole alture, i pali vengono infissi sul terreno con apposite pale, per buoni 40/50 cm. La stabilità dev’essere perfetta; la tela una volta montata dovrà essere ben tesa. La collocazione degli accampamenti viene decisa dal gruppo di pittori, su mappe tracciate dopo una serie di sopralluoghi fatti nell’arco di quattro stagioni, durante le quali vengono realizzati degli schizzi: (pitture-polaroid) serviranno come studi. Con molta fortuna in certi punti del paese a volte è possibile vedere chilometri di accampamenti con pittori al lavoro”.
Con molta fortuna, e fantasia naturalmente.

PAROLE SEGNATE

Parole scritte, definire con il segno, raccontare con i segni.
Improvvisamente secondo la sedimentazione della parola o frase nella mente,nei pensieri quotidiani, la parola la frase diventa segno-scrittura come il “vaso di Pandora”. Un esercizio grafico per entrare sempre di più nel significato della frase.
E quale meraviglia dopo alcuni mesi leggere la frase stessa, all’interno di un articolo di un quotidiano Italiano che citava “Il vaso di Pandora” paragonandolo alla situazione politico-sociale Italiana degli anni 1992—1993.
L’esercizio grafico o pittorico si arresta quando viene a conoscenza dell’uso diverso della frase (metafora giornalistica).
Si ritorna con la memoria a ricordare come ci è apparsa la frase, in quale giorno, se all’interno o all’esterno del luogo di lavoro(studio), quali segni o segnali simili hanno contribuito alla decisione che da quel momento l’esercizio grafico quotidiano era visualizzare “Il vaso di Pandora”.
Si ricorda che il flusso dei segni è arrivato come un bisogno diverso (una sorta di autocommittenza) visualizzare attraverso il proprio mestiere, concetti, luoghi, legami, pezzi di storia, il quotidiano, la quotidiana lettura del giornale, il parlare con la gente, il bisogno di rendere visibili alcuni concetti.
Ora il percorso di questa metodologia è chiaro, tutto torna alla mente.
L’uscita per i saggi Einaudi del libro “Il vaso di Pandora” di Dora e Erwin Panofsky diventa la tavolozza ideale per l’esercizio calligrafico, le didascalie delle illustrazioni “Demoni e serpenti fuoriescono dal vaso”.
“La cornucopia di Pandora”, “Pandora soffocata dai vapori che esalano dal vaso viene meno, ed è salvata dall’intervento di Cupido”.
Sono stimoli eccezionali per la visualizzazione. Le fonti iconografiche all’interno del libro, diventano a volte modelli, non da copiare, ma da interpretare nelle varie stesure grafiche quotidiane.
Quindi abbiamo (trovato) anche il supporto editoriale (il libro), ma poteva essere una mostra, un video, una sola illustrazione.
Così in questa stesura di segni, ci sono anche diversi supporti che aiutano a migliorare e precisare sempre di più il progetto da eseguire.
Ho voluto ricostruire sommariamente le varie fasi di questa metodologia perché la stessa può essere applicata nel campo della comunicazione visiva per progettare una immagine (marchio-logo), una copertina, un manifesto o tutto quello che aderisce a qualsiasi superficie.

Alfredo de Santis
Roma, ottobre 1997

Torna in cima