Alfredo de Santis presenta una storia, “i giorni della fionda”, attraverso la quale il segno, trasformandosi materialmente e spazialmente, comunica eventi diversi e si adatta a diverse strategie informative, dove l’unico elemento comune è un’immagine che non ha storia. Non ha storia, perchè il suo racconto si sviluppa al di fuori dei tradizionali contesti professionali: qui infatti, si presentano le immagini che ricompongono la storia della fionda. La fionda è un pretesto, è una forma, non è un simbolo; ma la sua struttura geometrica consente le più svariate utilizzazioni. Alfredo de Santis ricerca, quale grafico e pittore, le potenzialità semantiche di questo strumento, senza perdersi in un gusto o esclusivamente decorativo o strettamente funzionale al committente. E’ come se la cultura progettuale di de Santis, una volta messa in moto intorno a un’idea, a un’intuizione, insegua ostinatamente una meta che è sempre oltre: la grafica come ricerca di nuove potenzialità comunicative. Questa è la dimostrazione che un racconto si può sempre costruire, anche intorno a un’idea o a un’ipotesi ancora imprecisa e poco definita nei suoi confronti semantici; fondamentale è l’organizzazione dei segni, il loro rapporto con il testo, il controllo delle parti. Essenziale diventa, conseguentemente, la cultura del progettista: la fionda può trasformarsi in un’immagine per il Teleconfronto, una mostra internazionale del telefilm; in una sequenza cromatica per un calendario; o può illustrare, mutando lo sfondo e facendola interagire con altri elementi più o meno allusivi, una copertina della rivista Rinascita, in occasione di un dibattito su Chernobyl.
Contemporaneamente de Santis rielabora, separandola dal contesto più strettamente funzionalismo -grafico, l’idea-forma Fionda; ed ecco, allora, gli olii su legno e cartapesta, il legno e il gesso, colori ad olio su legno e gesso. Sono opere, queste, destinate a un pubblico diverso rispetto a quello di una tradizionale comunicazione grafica, ma soprattutto, finalizzate a una ricerca, tutta all’interno di una poetica dove, questa volta sì, il simbolismo e l’uso attento di alcuni materiali, oltrepassano una stretta e qualche volta fredda necessità di tipo più tradizionalmente professionale. Anche questo tipo di ricerca fa parte della cultura del progetto, ma attenzione: non tutti coloro i quali possiedono una doppia formazione disciplinare, grafica e pittorica, sono in grado poi di sintetizzare questo cumulo di esperienze, in una immagine chiara dove l’ambiguità del segno sia sotto il controllo, pur parziale, della ragione. Alfredo de Santis è un progettista che conosce il limite delle due discipline, per cui ne utilizza le potenzialità, senza mai sfondare completamente i confini dell’una e dell’altra: questa qualità si chiama professionalità, che significa anche rinunciare alla facilità di una mano e di una tradizione artistica, per evidenziare, invece, la necessità eticopolitica di una chiarezza e semplicità linguistica.